Piani

LA PIANIFICAZIONE REGIONALE

Tratto dal Rapporto dal Territorio INU 2019

Nella edizione 2016 del Rapporto dal Territorio, in tema di pianificazione regionale si delineava un quinquennio di stasi generalizzata che si faceva risalire ad alcuni fattori. Prima di tutto il dinamismo delle politiche nazionali e l’introduzione di nuovi livelli di progettazione territoriali a cui la pianificazione regionale non ha retto. Poi la sua residualità rispetto alla riforma costituzionale del 2001, ma anche alla Legge Delrio del 2014 che di fatto ha “sospeso” la pianificazione di area vasta e di conseguenza anche quella territoriale.

La pianificazione regionale nel periodo 2010-2015 (con uno sguardo nel 2016) avrebbe dovuto affrontare alcuni nuovi temi, come ad esempio il ruolo della Città metropolitane introdotte della suddetta Legge Delrio ma anche il ruolo delle Macroregioni europee e nazionali che stanno avanzando nella programmazione senza un vero e proprio governo delle scelte almeno di livello interregionale ma neppure di livello nazionale. In realtà l’unica vera novità erano state le modifiche dei Piani Territoriali Regionali con valenza paesaggistica, come ad esempio il Piano di indirizzo territoriale con valenza di piano paesaggistico della Regione Toscana la cui integrazione è stata approvata nel 2015 o il Quadro Territoriale Regionale a valenza paesaggistica della Regione Calabria approvato nel 2016. Si tratta di modifiche che hanno introdotto il tema del paesaggio quale elemento strategico dell’assetto regionale.

Nel periodo 2015-2018, la stasi che aveva caratterizzato il quinquennio precedente è ancor più evidente. Sono i Piani Regionali della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia hanno seguito un processo di aggiornamento. In particolare il Piano della Lombardia è quello approvato nel 2010 che subisce aggiornamenti annuali, ultimo del 2017 approvato dal Consiglio Regionale con DCR 1676 28/11/17. Il Piano di Governo del Territorio (PGT) del Friuli Venezia Giulia, che sostituisce il Piano Urbanistico Regionale Generale (PURG) del 1978, inizia invece il suo percorso nel 2013 ed entrerà in vigore nel 2020 (a seguito di un dispositivo normativo è stata posticipata l’entrata in vigore due anni dopo l’entrata in vigore del Piano Paesaggistico Regionale).

La pianificazione regionale nel futuro

La stasi della Pianificazione Regionale è una conseguenza della condizione generale in tema di governo del territorio. L’evidente gap determinato dalla mancanza del suo aggiornamento (4 Regioni non l’hanno neppure avviato, 1 Regione lo ha in sospeso, 2 Regioni lo hanno adottato, 7 Regioni l’hanno approvato oltre 10 anni fa e infine altre 7 Regioni lo hanno approvato negli ultimi 10 La Pianificazione Regionale anni) ci descrive la difficoltà da un lato e il disinteresse dall’altro di orientare lo sviluppo regionale attraverso una visione complessiva del suo territorio. Le riforme in atto, a partire da quella costituzionali del 2001 per arrivare alla Legge Delrio del 2014, hanno fatto emergere nuove tematiche da integrare a livello regionale, come ad esempio le Città Metropolitane con la loro pianificazione e le diverse aggregazioni di Comuni (Associazioni, Unioni, Fusioni), ma ha anche lasciato in un limbo la pianificazione di area vasta. Questi elementi, assieme ai temi che negli ultimi anni si stanno consolidando e su cui si stanno proponendo nuovi modelli di pianificazione (Consumo di suolo, Cambiamenti climatici, Rigenerazione, etc.), richiamano la questione della forma e della dimensione del Piano Territoriale. Come si affermava già nel precedente Rapporto, oggi siamo di fronte ad un superamento della riforma “federalista” del Tit. V della Costituzione. Questo però non sta avvenendo verso “il recupero delle competenze-adeguatezze-responsabilità nella comparazione dei poteri”, ma sta avvenendo verso “un duplice (statale e regionale) neocentralismo strabico che seleziona opere pubbliche intorno a stazioni di appalto anch’esse centralizzate”. Questo neocentralismo si è espresso negli ultimi anni attraverso una serie di scelte spesso avulse da una visione generale dello sviluppo nazionale e regionale, attraverso cioè progetti “singoli”, privi di integrazione territoriale e orientati a raggiungere specifici obiettivi. Questo approccio, che si può supporre caratterizzerà altresì il futuro, dovrà necessariamente misurarsi con una “attività di pianificazione per recuperare una dimensione di coerenza e di compatibilità. Una ‘nuova’ attività di pianificazione consapevole della debolezza del sistema di governo nelle sue componenti settoriali, ma anche delle potenzialità insite nella natura normo-genetica del Territorio. In termini simmetrici il venir meno della ‘cittadinanza’ e dei suoi diritti rende ‘inutile’ il piano, la sua mediazione non serve più in un sistema di governo cha indebolisce il sistema delle garanzie proprie del piano e lo sostituisce con una politica per progetti”.

LO STATO DELLA PIANIFICAZIONE COMUNALE IN ITALIA

Tratto dal Rapporto dal Territorio INU 2019

I dati raccolti per l’edizione 2019 del Rapporto dal Territorio indicano un significativo rallentamento dell’attività di pianificazione urbanistica comunale generale. Nel complesso l’attività di rinnovo dei piani urbanistici, nel confronto fra i quadrienni 2011-2014 e 2015-2018, mostra come la Il rinnovo della Pianificazione Comunale percentuale di comuni dotatisi di una nuova pianificazione (nuovo piano o variante generale) è calata dal 22,0% al 10,5%, con un calo del 52,3% fra i due quadrienni. Ed anche il dato relativo alla popolazione dei comuni ripianificati, tenuto alto dall’approvazione di piani di comuni più popolosi, cala comunque passando dal 21,8% al 13,8%, con un calo nel quadriennio del 36,7%. Sono infatti i comuni appartenenti ai sistemi locali delle città medie a vedere il maggior valore percentuale della popolazione in comuni ripianificati dal 2011 in poi (13,3%), a conferma della vivacità che esprime il ricco ed articolato sistema policentrico nazionale.

Anche l’attività di pianificazione delle unioni o associazioni di comuni mostra un calo; in particolare, mentre il numero di unioni o associazioni che hanno pianificato nei due periodi sale da 20 a 24, il numero di comuni coinvolti si dimezza, segnalando come tenda a ridursi in modo significativo la portata territoriale dei fenomeni di rinnovo della governance, pur presente solo in un ridotto numero di realtà regionali (essenzialmente del centro-nord). In altre realtà (es. Toscana), anche grazie a innovazioni legislative, l’intercomunalità sta vivendo un periodo di forte attivazione, ma che non è ancora arrivata a produrre approvazioni di nuovi piani.

La distribuzione territoriale, pur nella varietà tipica della complessità del territorio italiano, mostra come il calo sia diffuso in molte realtà regionali, al nord come al centro e al sud. Fanno eccezione alcune regioni che sono giunte ad un elevato livello di maturità e di scorrevolezza del sistema di pianificazione, come il Trentino e l’Emilia-Romagna, che segnano invece un incremento. Diversi i casi di Piemonte, Liguria, Friuli Venezia Giulia e Toscana, nei quali l’approvazione di piani di città più popolose muove il valore popolazione mentre i dati relativi a numero comuni o superficie territoriale visualizzano incrementi molto più bassi o negativi.

Osservando più nel dettaglio i valori del tasso di rinnovo post 2010 (Tab. 6.2) si può notare anzitutto una grande suddivisione fra Nord e Sud. Con riferimento ai tre indicatori (numero comuni, superficie territoriale e popolazione) per i due quadrienni analizzati si può notare che nelle sei classifiche i tre valori più elevati sono sempre al Centronord. Sempre nel Centronord, né Piemonte né Friuli VG sono mai nelle prime tre posizioni.

Mentre a Nord si hanno rinnovi che coprono circa la metà dei comuni e più elevati valori per la popolazione (fino all’80% della Lombardia), dal Centro Sud in giù i valori scendono molto, con un calo particolare per i valori di popolazione (Sardegna esclusa). Ciò testimonia non solo la più ridotta attività di pianificazione, ma che il calo riguarda soprattutto comuni di dimensione minore. Di ciò si trova conferma nell’attività di pianificazione nei comuni minori, che risulta particolarmente bassa nel Lazio, Molise, Puglia, Calabria, Sicilia, Sardegna, realtà nelle quali i fenomeni di spopolamento delle aree interne e dei centri minori sono particolarmente attivi. I comuni minori che non fanno parte né delle Città metropolitane né dei SLL delle Città medie rappresentano infatti plasticamente le realtà marginali, più afflitte dall’emigrazione e all’invecchiamento della popolazione; realtà nelle quali i fenomeni in corso non producono la domanda alla formazione di un piano tradizionale, e nelle quali una nuova e diversa pianificazione costruita per fronteggiare i grandi problemi del presente, richiamati in apertura, sarebbe assolutamente necessaria. Notare in merito che valori bassi di pianificazione si riscontrano non solo nel Centro-Sud, ma anche in alcune regioni del Nord dove sono presenti aree interne e dove si riscontrano problemi di forte invecchiamento della popolazione, come nei casi di Liguria e Friuli VG.

Da segnalare anche che per quanto riguarda i comuni minori, le regioni nelle quali è stata interessata da nuova pianificazione la maggior quota di abitanti nei comuni minori (nell’ordine Trentino Alto Adige, Veneto, Toscana, Lombardia ed Emilia-Romagna) sono fra quelle nelle quali più positive sono le dinamiche demografiche e d’immigrazione, e nelle quali la storia amministrativa è più legata alla tradizione austroungarica, che evidentemente fa ancora sentire la sua influenza.

Fra i maggiori livelli di attività nella pianificazione va segnalato il caso del Trentino Alto Adige che in particolare nell’ultimo quadriennio risulta primo in tutti i valori, con il 41% di comuni, il 35,5% di territorio e il 42,9% di popolazione interessati da nuovi piani. Un’attività che copra il 40% della realtà territoriale in quattro anni come nell’ultimo quadriennio in Trentino Alto Adige, o all’80% come negli ultimi otto anni in Lombardia, corrisponde grosso modo ad un periodo decennale di rinnovo del piano, un valore di riferimento che rappresenta un obbiettivo da sempre ambìto dalla cultura urbanistica.

Altre considerazioni richiamano l’efficienza del sistema di governo del territorio e il ruolo delle Regioni nel guidarlo. I dati di rinnovo della Lombardia, che ha nuovi piani che coprono oltre l’80% della popolazione, confrontati con quelli del Lazio, dove solo meno del 2% della popolazione ha un piano di recente approvazione, non parlano solo della differente dinamicità delle trasformazioni insediative e di due mercati immobiliari che rappresentano i poli estremi degli andamenti nazionali; ma anche dei diversi modi concreti di governo della pianificazione, e dell’uso di essa per la guida delle trasformazioni insediative. Va segnalato ad esempio come la gran parte dell’attività in Lombardia si sia verificata nel quadriennio 2011-2014, durante il quale i comuni sono stati chiamati dalla Regione ad un sistematico lavoro di aggiornamento della pianificazione, in adeguamento alla nuova legislazione regionale. Al contrario nel Lazio, pur avendo avuto nel 2017 il varo di una legge lungamente attesa sulla rigenerazione urbana, che per la sua piena applicazione prevede apposite varianti generali comunali con l’individuazione degli ambiti di rigenerazione, l’attività di pianificazione è totalmente ferma; il Lazio è infatti l’unica regione d’Italia a non aver approvato alcun piano o variante generale dal 2015 ad oggi.

Un altro aspetto degno di attenzione emerge dall’analisi delle regioni che pianificano meno. Oltre il caso eclatante del Lazio, già richiamato, le regioni con meno attività si raccolgono in due gruppi; un primo che comprende Puglia, Calabria, Sicilia, Molise e Campania, con valori molto bassi, che corrisponde alle regioni Convergenza della programmazione 2014-2020; e un secondo gruppo con Marche, Abruzzo, Umbria, Basilicata e Sardegna, con valori più elevati, che comprende le regioni in phasing out della programmazione 2014-2020 e quelle che verranno ammesse in area convergenza nella programmazione 2021-2027.